mercoledì 22 giugno 2011

~{S}~

Quando andavo al catechismo San Tommaso (quello che voleva mettere il dito nelle piaghe di Cristo) mi stava antipaticissimo. La sua mancanza di fede mi pareva un affronto, tanto più che finiva per ricredersi perdendo anche il fascino del ribelle o del cattivo.
Col passare del tempo invece (a parte aver capito che non c'è niente di male in un po' di sano empirismo) ho finito per sviluppare una specie di simpatia solidale nei suoi confronti. È che Tommaso detto Didimo, poverino, quando finalmente esclama "mio Signore e mio Dio" lo fa con un'urgenza che odora quasi di vergogna. E io penso: mi stava tanto antipatico, ma i difetti che vediamo negli altri spesso e volentieri sono quelli che ci portiamo addosso – nel peggiore dei casi dentro – e senza accorgercene passiamo gran parte del tempo a condannare la nostra immagine riflessa nello specchio del mondo. Così quell'enfatico minimalismo, che mi è sempre parso un po' velato d'imbarazzo, mi ha fatto venire il sospetto che il problema di questo ragazzo qui non fosse tanto la mancanza di fede negli altri (che si tratti dei compagni apostoli o di dio non cambia granché: il principio è il medesimo e si può vivere serenamente senza), ma più che altro la mancanza di fiducia in se stesso. Perché quando hai quella il resto vien da sé e non ti vergogni di nulla, men che meno di aver voluto verificare qualcosa in prima persona: fa parte del tuo modo di essere e va bene così.
"Non c'è altra via se non quella in cui possiamo riconoscerci in ogni gesto e in ogni parola, quella della tenace fedeltà a noi stessi". Non si tratta della mancanza di contraddizioni, ma piuttosto di quella coerenza che si costituisce anche sulle contraddizioni. Uscire di strada, poi magari tornarci, poi perdersi ancora, magari scoprire che la tua strada non è La Strada ma questo cammino impervio e pieno di deviazioni, che non sai bene dove andrà a parare ma è il tuo, e percorrerlo è un esercizio multiforme e mutevole e mobile di coerenza.
Un po' come un fiume, che è sempre quel fiume lì anche se l'acqua arriva e scorre e va e in fin dei conti fa un po' quello che le pare, e non s'è mai sentito dire che un fiume si vergognasse della propria acqua. O che non fosse felice.

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